La guerra aerea – Per affrontare lo sviluppo della condotta della guerra aerea in Ucraina, bisogna in primo luogo chiare un concetto fondamentale al riguardo della dottrina aerea russa.
Il concetto di impiego del potere aereo vigente presso l’aviazione russa, diretto derivato di quello sovietico, è infatti ben diverso da quello occidentale di importazione angloamericana.
Differenti concezioni dell’arma aerea
La distinzione deriva direttamente dalla Secondo Guerra Mondiale, in cui gli alleati occidentali (sulla scia delle teorie dell’inglese Harris, generale del Bomber Command della RAF) concepivano essenzialmente un impiego strategico del potere aereo e della connessa potenza di bombardamento, a differenza dei russi che – in maniera molto più simile alla Luftwaffe per altro – concepivano un impiego tattico per l’arma aerea.
Nel primo caso, quindi, gli alleati operavano essenzialmente con campagne di bombardamenti sulla Germania, colpendone le città cercando di abbatterne il potenziale industriale o semplicemente devastandone i quartieri civili con massicci raid terroristici, da cui l’impiego di grandi flotte di bombardieri pesanti a lungo raggio. Nel secondo caso, invece, gli attacchi aerei sovietici erano concepiti essenzialmente come strumento di supporto a sostegno dell’Armata Rossa che combatteva a terra sulla linea del fronte contro i tedeschi, da cui l’impiego di aerei più leggeri e con attacchi più frazionati e puntuali contro postazioni di artiglieria, trincee, carri armati etc… svolti però in maniera costante e incessante, per aumentare il volume di fuoco scaricato sulle truppe nemiche direttamente impiegate sul campo.
Ovviamente un tale impiego aereo risulta essere decisamente meno appariscente e dagli esiti più “nascosti” alla vista del pubblico. Non per questo però si può dire che l’impiego sovietico dell’arma aerea nella Seconda Guerra Mondiale, concepita essenzialmente come “artiglieria volante”, non sia risultato meno devastante di quello angloamericano (se non altro, in termini assoluti, gli aeri di Mosca scaricarono sui tedeschi un tonnellaggio di esplosivi superiore a quello riversato sulle città tedesche da parte di inglesi e americani combinati).
Le cose dopo ottant’anni non sono cambiate, perciò se da una parte gli Stati Uniti e di conseguenza la NATO, generalmente nelle proprie operazioni militari applicano la strategia “Shock and Awe” ovvero l’impiego immediato della propria superiorità offensiva per mettere immediatamente in ginocchio gli apparati strategici del paese nemico, devastandone subito e massicciamente i centri di comando, gli snodi logistici nevralgici, la rete infrastrutturale, la rete elettrica, i principali centri industriali potenzialmente utili allo sforzo bellico etc… (così come è stato fatto ad esempio contro la Serbia, l’Iraq e la Libia), dall’altra i russi sono rimasti fedeli allo loro dottrina di impiego a supporto del movimento delle truppe a terra.
Già questa considerazione basterebbe a sfatare, in primo luogo la propaganda (oscenamente ipocrita e doppiopesista) da parte occidentale circa la natura terroristica dei bombardamenti missilistici russi sulla rete energetica ucraina, in secondo luogo la presunta inefficacia dell’aviazione russa che non si vede volare sulle città ucraine o in profondità nel territorio ucraino. L’aviazione di Mosca ha, praticamente da subito, applicato quindi una distinzione: impiegare aerei ed elicotteri in sortite CAS (Close Air Support) e colpire gli obiettivi strategici ucraini in profondità (fossero essi di natura strettamente e direttamente militari o infrastrutturali e logistici) tramite il proprio potere missilistico.
All’inizio delle operazioni, per altro, l’aviazione russa (oltre alla marina come già visto e a differenza dell’esercito come vedremo) ha ottenuto immediatamente risultati brillanti nell’arrecare seri danni alla rete difensiva antiaerea ucraina.
Questo è avvenuto inviando, nelle primissime ore di combattimento, ondate di droni-bersaglio sull’Ucraina che hanno attirato su di sé il fuoco delle batterie antiaeree ucraine (essenzialmente missili S300 e Buk di origine sovietica), le quali sono cadute nella trappola, si sono attivate per colpire i droni, rivelando così le proprie posizioni e venendo così a loro volta colpite dai missili degli aerei russi in volo al sicuro sui cieli Russia e Bielorussia in prossimità del confine ucraino.
Il sistema difensivo ucraino
Il sistema difensivo ucraino, fatto di una ricca e abbondante rete di radar e di batterie antiaeree, sebbene mai del tutto completamente azzerato, è stato sostanzialmente sfondato nelle prime 24 ore del conflitto , permettendo quindi agli aerei di Mosca di gettarsi (comunque non senza perdite vista la vastità dell’operazione) sul territorio ucraino a supporto delle direttrici d’invasione.
Gli ucraini hanno poi impiegato mesi, grazie al determinante supporto degli Stati Uniti che hanno cominciato a ricercare e ad acquistare in giro per il mondo materiale antiaereo ex sovietico (immediatamente impiegabile per il personale di Kiev), con cui hanno tentato di ricostruire la rete antiaerea ucraina, obbligando i russi, a loro volta, a ricominciare la caccia ai radar e alle batterie nemiche.
Solo successivamente, essenzialmente all’avvio da parte russa in ottobre, della loro grande offensiva missilistica contro la rete energetica dell’Ucraina, vista la vastità degli attacchi russi e il ri-deterioramento delle capacità difensive e ucraine (congiuntamente alla scarsità globale di materiale di origine sovietica impiegabile), la NATO è passata alla fornitura di sistemi occidentali (come l’IRIS-T tedesco, il Crotale francese, il NASAMS norvegese-americano, il SAMP-T franco-italiano, recentemente l’annunciato invio di alcune batterie di Patriot americane).
Tutti sistemi complessi, che probabilmente per essere impiegati efficacemente abbisognano di personale occidentale sul terreno ucraino (non è affetto escludibile che tale personale non sia stato inviato insieme alle batterie), estremamente costosi e disponibili in quantità ridotte, come si vede dagli esiti degli attacchi russi – che procedono mediamente con ondate di 100-200 missili per volta, oltre l’impiego di sciami di accompagnamento di droni kamikaze, saturandone le capacità di difesa). Da parte ucraina, nei primi giorni di combattimento, quindi, si è tentato, tanto coraggiosamente quanto disperatamente, di far fronte alle penetrazioni aeree russe facendo alzare in volo i propri caccia da combattimento.
Bisogna dire al riguardo, infatti, che, con ogni probabilità, gli ucraini abbiano efficacemente sfruttato i due giorni disponibili tra il 21 febbraio (riconoscimento di Putin della sovranità delle Repubbliche Popolari di Donetsk e di Lughansk) e il 24 febbraio (avvio delle operazioni militari su vasta scala), per disperdere su piste secondarie e anche improvvisate (anche semplicemente in aree rurali pianeggianti) i migliori velivoli della propria flotta da combattimento, lasciando per i missili russi immediatamente abbattutisi sugli aeroporti dell’aviazione ucraina i mezzi più vecchi e di scarso valore.
L’esito dei combattimenti aerei ingaggiati (soprattutto attorno a Kiev) è stato tuttavia immediatamente impietoso, con una trentina di abbattimenti subiti dagli ucraini e nessun abbattimento da combattimento aereo subito da parte russa.
La superiorità di uomini e mezzi russa
I motivi di un esito così netto del confronto, sono d’altra parte di facile intuizione: in primo luogo i piloti russi sono meglio formati, con più ore di volo alle spalle e in larghissima parte hanno operato negli anni di guerra in Siria, acquisendo più esperienza operativa rispetto ai loro colleghi ucraini, in secondo luogo gli aerei da combattimento ucraini sono quasi esclusivamente Mig29 e Su27 ovvero aerei di qualità inferiore rispetto ai Su35, i Su30, i Mig31, i Mig35 russi o alle stesse versioni aggiornate russe di Mig29 e Su27 (per non parlare dell’aereo di ultimissima generazione, il Su57 concepito per fronteggiare i più moderni occidentali e ancora in fase di piena entrata in servizio), in ultimo c’è il fattore numerico, dal momento che la Russia può schiacciare una netta superiorità numerica per veicoli disponibili (si stima rispetto ai 200 aerei di tutti i tipi e ai circa 100 elicotteri disponibili per Kiev al 24 febbraio che la Russia abbia almeno 10 veivoli per ogni mezzo nemico).
Presto i comandi dell’aviazione ucraina hanno perciò abbandonato l’impari scontro, rinunciando ad ingaggiare direttamente gli aerei da combattimento russi, cosa, per altro divenuta essenzialmente impossibile dopo i primi scontri, vista la disponibilità russa di missili aria-aria a lungo raggio. In buona sostanza i russi tengono costantemente in volo, dietro i propri confini e dietro alla linea del fronte (quindi al sicuro dall’antiaerea ucraina), squadriglie di aerei armati di missili a lungo raggio capaci di intercettare gli aerei nemici senza che questi abbiano alcuna capacità ritorsiva. Risultati simili vengono per altro ottenuti dalle batterie a lungo raggio S400 russe capaci di colpire gli aerei ucraini prima che questi possano acquisire a portata di tiro bersagli russi.
La capacità aerea ucraina
La capacità aerea ucraina, in particolare in alta quota, dove i missili a lungo raggio russi sono più efficaci, è divenuta in poche parole nulla, obbligando gli ucraini a regredire a tattiche di “guerriglia aerea”, salvando come già detto gli aerei e gli elicotteri sopravvissuti su isolate piste di fortuna, rinunciando a volare in alta quota e ad ingaggiare gli aerei russi.
Da allora fino ad oggi le sortite dell’aviazione ucraina, si sono limitate ad azioni “mordi e fuggi” con brevi ed isolate incursioni (secondo per altro i già richiamati fini tattici di origine sovietica) contro le truppe a terra russe (con impiego principalmente di Su24 e Su25 ed elicotteri Mi24) con incursioni condotte a volo radente al suolo, che in parte li tutela dal fuoco degli aerei e dell’antiaerea russa esponendoli però molto più facilmente al fuoco da terra. Dall’estate sono stati per altri chiaramente aiutati da parte occidentale con l’invio americano di missili AGM-88 HARM ovvero missili antiradiazioni (portati su Mig29 modificati ad hoc per la bisogna), capaci di seguire le radiazioni emesse da un radar nemico, colpirlo e creare così un momentaneo “cono d’ombra” in cui si gettano i piloti ucraini per condurre la loro sortita e poi ritirarsi velocemente prima di venir rintracciati dalla caccia russa.
Detto questo bisogna riconoscere che, nonostante le grandi perdite subite, l’aviazione ucraina non è mai del tutto scomparsa dai cieli (almeno a bassissima quota) e questo è però stato possibile con il rastrellamento da tutto l’Est Europa prima di pezzi di ricambio per aerei ed elicotteri e poi tramite l’invio diretto, per quanto mai ufficialmente dichiarato da parte dei paesi coinvolti come Polonia o Romania, di veivoli (probabilmente smontati in pezzi e poi rimontati in Ucraina).
Anche così le capacità di intervento dell’aviazione ucraina sono sempre rimaste decisamente limitate, ridotte ad un paio di sortite per giorno, con un effetto quindi più che altro di disturbo sui combattimenti a terra.
A10 e F16, l’ultima missione di due aerei iconici
Tuttavia, anche così i mezzi ucraini stanno inesorabilmente sopportando un costante un effetto di logoramento per i continui abbattimenti subiti, per restare operativa, l’aviazione ucraina ha perciò bisogno di nuove forniture che per il 2023 dovrebbero consistere in aerei occidentali. Da giugno 2022 si vedono infatti immagini di piloti ucraini trasferiti negli Stati Uniti che si addestrano per pilotare F16 e i mitici A10-Thunderbolt. Ormai teoricamente i piloti dovrebbero essere pronti per saper volare su tali aerei. Resta il problema che verosimilmente i vecchi F16 e A10 non potrebbero comunque fronteggiare i più moderni aerei russi e che comunque, anche se forniti in numeri significativi (100-200 pezzi), sarebbero pur sempre in netta inferiorità numerica ed esposti alla fitta rete di fuoco antiaereo russo tanto quanto lo sono stati i loro colleghi di classe Mikoyan Mig e Sukhoi.
Resta, inoltre, l’ipotesi che da parte americana si decida di non optare per l’invio di aerei occidentali per evitare ulteriori reazioni russe e imprevedibili azioni ritorsive da parte del Cremlino.
Viceversa, da parte russa, per tutta la condotta della guerra le sortite per bombardamenti tattici sono una costante inesorabile, generalmente condotte con tre ondate di attacco giornaliere che coinvolgerebbero almeno quattro reggimenti, ognuno con quattro squadroni aerei. Per una stima conservativa delle azioni russe l’aviazione di Mosca condurrebbe in media almeno 150 sortite al giorno, ovvero almeno sulle 45 mila sortite di bombardamento a terra subite da parte dei soldati ucraini sul fronte nel corso del 2022.
Il tutto escludendo gli interventi degli elicotteri d’attacco russi, principalmente i Mi28, probabilmente il più resistente e miglior elicottero da combattimento russo al momento, derivante da uno sviluppo del Mi24 sovietico (che pure si è ancora rivisto in servizio anche da parte russa) oltre che del Ka52, mezzo molto moderno anche se rivelatosi estremamente fragile (non a caso lavora spesso in tandem col più robusto Mi28 che gli fa da “apristrada”).
Vista anche la vastità industriale di tali attacchi non c’è da stupirsi che questi siano per lo più condotti con razzi non guidati e con lo sgancio di bombe non guidate FAB250 e FAB500 (ovvero da 250 e 500 chili).
Per i piloti russi, che, come detto, operano per lo più direttamente sulla linea del fronte e non oltre i 100-150khm di profondità rispetto ad essa, la principale minaccia deriva dai missili antiaerei portabili a spalla, come i vecchi ma sempre buoni Stinger e MANPADS di vario tipo, forniti per oltre 5.000 pezzi dagli alleati occidentali, oltre che alcuni semoventi di artiglieria antiaerea come il tedesco Ghepard, armato con due cannoncini da 35mm.
Tuttavia, anche qui ritornano i problemi di dimensioni industriali del conflitto, se infatti gli eserciti della NATO hanno fornito migliaia di questi sistemi agli ucraini, le scorte disponibili, anche per i più vasti stock americani, appaiono ormai decisamente sotto stress e in corso di esaurimento. Sembra perciò lecito aspettarsi che nel 2023 la tendenza sarà quella di un netto impoverimento delle capacità antiaeree ucraine e conseguentemente un ulteriore inasprimento delle capacità offensive russe.
La guerra missilistica
Resta da considerare in maggior dettaglio la guerra missilistica, alla quale, come detto, i russi si sono affidati per condurre le proprie offensive strategiche in profondità sul territorio nemico.
Questa ha avuto una prima fase particolarmente intensa con l’avvio della guerra a febbraio e marzo con ondate di missili su obiettivi strettamente militari (aeroporti militari, caserme e depositi di armamenti), a questi sono subito seguiti, appena è stato evidente che la guerra non si sarebbe risolta in un rapido collasso del sistema statuale ucraino, con un’opera di demolizione, condotta principalmente in marzo e in aprile, dell’apparto industriale ucraino direttamente a riporto dello sforzo bellico (in massima parte fabbriche di armamenti e centri di riparazione) che è stato in breve tempo annientato.
Il tutto con un ottimo lavoro di reperimento degli obiettivi sul terreno da colpire da parte della rete di agenti dei servizi di informazione russi, in particolare del GRU, il servizio segreto militare, a cui, pare, Putin abbia affidato da marzo la conduzione delle operazioni, dopo il fallimento inziale del colpo di mano su Kiev, probabilmente di responsabilità dell’FSB.
La capacità offensiva missilistica russa è chiaramente non comparabile con le capacità ucraine. Da parte ucraina l’intero arsenale missilistico si riduce essenzialmente ai vecchi missili balistici lanciati dal suolo Tochka-U, non troppo difficili da intercettare per le difese antiaeree russe e di cui le scorte appaiono esaurite da mesi.
Con una certa inventiva e maggior successo gli ucraini sono anche riusciti a riadattare vecchi droni da ricognizione sovietici Tu141, in droni d’attacco, con i quali hanno condotto alcuni bombardamenti su basi aeree russe distanti dai 200 ai 600khm dal confine. Per quanto insidiose tali azioni risultano evidentemente sporadiche e prive della portata di quelle russe. Da parte russa gli attacchi missilistici sono condotti con mix di lanci di missili Kalibr lanciati dalle unità navali nel Mar Nero e nel Mar Caspio (oggi sempre più anche dal Mare d’Azov), missili lanciati da bombardieri strategici Tu22, Tu95 e Tu160 in volo sui cieli di Russia e Bielorussia, con lancio di missili Kh111, Kh55 o anche di vecchi missili Ka52 tirati fuori dai magazzini per la bisogna e missili balistici Iskander lanciati da terra, gli stessi Tochka-U che hanno in dotazione gli ucraini e infine, alla bisogna, per colpire obiettivi meno paganti, i russi impiegano anche missili S300 antiaerei di cui sono in sovrabbondanza, per colpire obiettivi a terra.
In aggiunta, è stato impiegato in alcune occasioni, per la prima volta in un teatro operativo, il nuovo missile ipersonico e perciò allo stato dell’arte impossibile da intercettare per qualunque sistema occidentale, Kinzhal (“pugnale” in russo), lanciato da un Mig31 col primo attacco avvenuto il 13 marzo contro la base di mercenari e volontari occidentali di Yavoriv, in prossimità del confine polacco.
L’attacco devastante, che ha subito avuto una chiara natura politica e di “avvertimento” per l’Occidente, vista la natura e la collocazione del bersaglio, sembra aver causato centinaia di vittime.
Il cambio di passo di Ottobre
Nella tarda primavera e per tutto il corso dell’estate si è notato invece un forte ridimensionamento delle offensive missilistiche russe, che tuttavia non si sono mai del tutto arrestate, continuando a colpire singoli obiettivi specifici nelle retrovie nemiche, semplicemente per tutti questi mesi la Russia, non adottando gli standard NATO si era limitata a colpire obiettivi strettamente militari, altamente paganti, i quali dopo i primi tre mesi di attacchi hanno incominciato a scarseggiare, tra una distruzione totale degli stessi e una reazione ucraina che provvedeva a trasferire nei paesi NATO (Lituania, Polonia, Repubblica Ceca, Germania) le proprie retrovie logistiche. In maniera molto inopinata la propaganda occidentale aveva così cominciato a diffondere (con i primi titoli apparsi sulla stampa britannica già a marzo), l’ipotesi, sempre più data per certezza, di una presunta scarsità di missili per la Russia, salvo poi essere clamorosamente smentita ad ottobre, quando il Generale Surovikin (non a caso un generale d’aviazione), nominato nuovo comandante unico delle operazioni in Ucraina, ha riapplicato, sulla falsariga dei manuali NATO, quanto aveva già operato in Siria: ovvero una sistematica distruzione dell’apparato energetico ed infrastrutturale nemico.
Dal 10 ottobre a questa parte, con cadenza all’incirca settimanale i russi conducono ondate di attacchi di oltre 100 missili per ondata contro la rete energetica ucraina, il tutto con il supporto di sciami di droni Geran-2, versione russa del drone iraniano Shahed che, pare, i russi abbiano acquisito dall’Iran a seguito di una visita fatta da Putin a Theran alla Guida Suprema Khamenei.
Sui droni iraniani
L’accordo russo-iraniano prevederebbe, da parte iraniana la fornitura di un primo stock di droni suicidi e la concessione della licenza di produzione in modo che possano essere prodotti in massa direttamente in Russia e l’invio in Russia di personale militare col compito di formare i russi all’utilizzo.
Da parte russa, in cambio, vi sarebbe l’impegno ad inviare a Theran un robusto pacchetto di moderni aerei Su35 con relativi addestratori per costruire un robusto potere aereo per il regime degli Ayathollah; si specula che nell’accordo vi sia anche il supporto al programma nucleare iraniano per il tramite della Rosatom, la grande compagnia russa esperta d’atomi. L’impiego massiccio di droni Geran-2, il cui costo di costruzione è nell’intorno dei diecimila dollari, contro le centinaia di migliaia se non milioni di dollari che costa un singolo missile antiaereo occidentale, fornisce un altro grande vantaggio strategico ai russi, che possono saturare le difese antiaeree ucraine inviando più e più droni per singolo bersaglio. Forse presi dalla disperazione, in alcuni casi gli ucraini hanno anche fatto alzare in volo alcuni Mig29 per abbattere i droni kamikaze in volo, col prevedibile risultato, dopo esser usciti così allo scoperto, di venir a loro volta abbattuti dai missili russi.
Continuando con i ritmi attuali, più che andare verso la tanto paventata “crisi delle scorte russa” di missili è quantomai probabile che siano invece le batterie occidentali a finire senza missili da lanciare e che al fronte siano gli ucraini che rischino di finire a breve di missili antiaerei portabili a spalla.
Il combinato disposto tutto ciò, anche in un ipotetico scenario di consegna di F16, A10 è un verosimile ulteriore accrescimento del potere aereo russo, rispetto ai risultati già devastanti ottenuti nel corso del 2022, sia per quanto riguarda l’offensiva strategica condotta con missili e droni, sia per quanto riguarda l’offensiva tattica condotta da aerei ed elicotteri sulla linea del fronte.