Kosovo: venti di guerra in arrivo? – Continua a crescere la tensione in Kosovo, area calda dei Balcani dimenticata dall’attenzione dei nostri media e forse anche delle nostre cancellerie.
Il precedente incontro UE-Balcani ha portato ad un sostanziale nulla di fatto, laddove la baronessa Von der Leyen e il ciambellano di corte Borrell, si sono limitati ad offrire l’adesione alla UE come panacea di tutti i mali.
Il mancato riconoscimento serbo
I serbi, che continuano a non riconoscere lo stato kosovaro (sorto per secessione armata dalla Serbia e col sostegno delle bombe “democratiche” della NATO), non sembrano essere stati particolarmente impressionati dalle parole dei dignitari di Bruxelles, si sono rivolti a parlare di recente con gli ufficiali della missione NATO KFOR (la quale ha una robusta presenza italiana), stanziata in Kosovo.
Il parallelo con la Russia
Le immagini del presidente serbo Vucic e degli ufficiali serbi al tavolo con gli ufficiali NATO ricordano francamente le immagini degli ufficiali russi intenti a parlamentare con gli ufficiali NATO che vedevamo nel dicembre 2021 per la questione ucraina.
Da parte serba, al fine di tutelare la minoranza serba in Kosovo dalle crescenti angherie della maggioranza albanese, si è chiesto formalmente di far entrare forze militari e di polizia proprie, secondo una procedura espressamente prevista dai trattati firmati tra Serbia e NATO.
Ovviamente, pilatescamente, da parte occidentale non si è risposto alla richiesta di Belgrado.
Sembra veramente di rivedere il momento in cui Blinken lasciava cadere nel vuoto, senza una risposta, le richieste di Lavrov per una pace in Ucraina.
L’opzione militare
Che l’esito, quindi, di questi scambi sia nullo e che si possa precipitare ad una soluzione militare non può essere escluso.
Anzi, al momento l’intervento serbo, potrebbe anche ritenersi decisamente probabile.
Da un anno, infatti, da parte albanese-kosovari aumenta la pressione sulla minoranza serba in Kosovo (poco più di centomila serbi, circa il 10% della popolazione), miccia di innesco il rifiuto delle autorità di Pristina di concedere ai serbi del Kosovo la facoltà di continuare a rivolgersi a Belgrado per questioni amministrative (il primo passo è stato il rifiuto del riconoscimento in Kosovo delle targhe automobilistiche emesse da Belgrado).
L’annessione all’Albania
Nel campo albanese-kosovaro si parla anche di annessione all’Albania, cosa del tutto inaccettabile per i serbi che, come già detto, continuano a non riconoscere il Kosovo quale entità statuale, cosa che a dire il vero fanno solo i paesi del blocco occidentale (e neanche tutti visto che ad esempio la Spagna, per evitare problemi con baschi e catalani, continua a non riconoscere la secessione kosovara dalla Serbia) mentre quasi metà dei paesi dell’assemblea generale dell’ONU sono allineati alla visione di Belgrado, tra cui ovviamente la Russia, alleata storica della Serbia, che si porta a ruota il sostegno della Cina.
Non fosse per la presenza dei 4 mila uomini del KFOR e della protezione implicita che il Kosovo gode da parte della NATO è indubbio che Belgrado avrebbe già provveduto a sistemare le cose nella provincia ribelle.
Difficile però che i serbi si limitino semplicemente a rassegnarsi, abbandonare uno loro terra ancestrale e la minoranza serba là dislocata.
Non sottovalutare la Serbia
Conoscendo la storia serba, fatta di guerre disperate contro nemici soverchianti (l’Impero Ottomano, l’Impero Austro-Ungarico, l’Asse Roma-Berlino, la NATO), non è affatto detto che Vucic semplicemente lasci la partita in silenzio (la diplomazia serba anzi è stata chiara sul fatto che questa non sia un’opzione).
Possibile quindi che i serbi tentino un colpo di mano, magari sulla falsariga di quello russo in Crimea nel 2014.
Un ingresso notturno nel Kosovo orientale (dove sono concentrati i villaggi serbi, mentre quello occidentale, totalmente albanese, potrebbe essere abbandonato a se stesso), con forze armate e di polizia per occupare gli snodi nevralgici della zona e presentare l’indomani mattina il fatto compiuto agli occhi degli uomini del KFOR.
Colpo di mano serbo in arrivo?
Quasi sicuramente ci sarebbe una reazione armata da parte kosovara, va tenuto conto però che Pristina non dispone di un vero esercito ma solo di una milizia con funzione di polizia, priva di armamenti pesanti, gli obiettivi strategici serbi, nel caso Belgrado schierasse il suo dispositivo di forze corazzate sarebbero senz’altro raggiunti in 24 ore.
A quel punto bisognerebbe vedere la reazione da parte occidentale e del contingente KFOR: accettare il fatto compiuto o reagire?
Salvare la pace o aprire una seconda guerra in Europa, in contemporanea con quella in Ucraina e fondata su principi diametralmente opposti (per Kiev vale il principio di integrità territoriale che non varrebbe per Belgrado?)?