Proteste in Iran: facciamo chiarezza – Rimonta il dissenso interno in terra di Persia e i media occidentali non perdono occasione di puntarvi addosso i riflettori per ingigantirne la portata.
In ogni caso una certa insofferenza esiste. Non abbiamo elementi per affermare una sfioritura del mito della rivoluzione komeinista, ma i segni evidenti di una crisi esigono una spiegazione.
L’Islam sciita
Lo sciismo, è bene ribadirlo, rappresenta l’ala eterodossa dell’universo islamico. Quindi, anche la sua versione fondamentalista incarnata dal regime teocratico di Teheran e dagli Hezbollah libanesi ha scarsi punti di contatto coi seguaci più agguerriti della Sunna: siano essi wahabiti o salafiti.
La condizione della donna
Vero che in ambedue le correnti si appalesa una scarsa considerazione della donna, denobilitata del suo valore intrinseco, della sua grazia, della sua bellezza.
Che però è una peculiarità comune a tutto l’universo islamico, financo nelle sue forme più moderate.
In ogni caso, nella società iraniana le signore in chador godono di un’agibilità sociale di gran lunga superiore in confronto alle omologhe saudite, yemenite o qatariote.
Possono lavorare, studiare e laurearsi, per quanto una simile prerogativa riguardi squisitamente le grandi realtà urbane del paese.
Ed è proprio da questo spaccato di “emancipazione” che affiora il dissenso di questi giorni.
Gli USA gongolano
Naturalmente le correnti liberali d’Occidente, nell’individuazione di tale crepa, provano a metterci il carico da undici pur di aggravare la crisi e propiziare un sovvertimento politico per mezzo di nuova “primavera colorata”.
Non è dato sapere con certezza quanto sia stimabile il desiderio di un ritorno a quella laicità soppiantata 40 anni prima con la caduta dello Scia’.
Modernizzazione dei costumi, ricordiamo, fulcro dell’operato del Sovrano, e messa all’indice da Khomeini come principale indizio della collusione della dinastia corrotta Palhavi con il Grande Satana americano.
Pur vero che oggi la narrazione occidentale, gravata di faziosità ed emotività, non ci consente di capire l’effettiva portata del fenomeno.
Se al contrario, lo zoccolo duro dell’ortodossia integralista resiste e ancora riempie i cuori di quel popolo.
Il carisma e la forza dei pasdaran sono tale da lasciarlo supporre, per quanto privi di una figura di riferimento del calibro di Ahmadinejead.
Le sanzioni all’Iran
Sta di fatto che una perdurante crisi economica su cui pende il gravame delle sanzioni e del parziale embargo, gioca a tale riguardo un ruolo suppletivo e potrebbe configurare l’innesco per una deflagrazione ancora più vasta.
Siamo distanti per cultura e visione da quel mondo. Non rientra certo nelle nostre grazie l’idea di una società teocratica in luogo di quella ultra-secolarizzata in cui viviamo.
Evitare il cortocircuito
Pur vero che una Nazione, a dispetto di una cornice politica di sostanziale laicità, ritrova vigore anche nella sua rifioritura religiosa, spirituale e morale. L’esempio di Polonia e Ungheria è paradigmatico.
La breccia di una rivolta anti-ayatollah in Iran, soprattutto se imbevuta di dottrine “arcobaleno” – e non potrebbe essere altrimenti – rischia da questo punto di vista, di creare l’effetto contrario.
Poiché se in altri tempi, occidentalizzare era l’equivalente di civilizzare a “cristianizzare” i popoli , in quelli attuali prefigurerebbe per converso il loro progressivo inaridimento, con pesanti ricadute in termini di tenuta morale e di integrità dei propri costumi.