Al pettine di Giorgia il nodo MES – Adesso, più che sola o isolata in Europa, Giorgia Meloni è semplicemente davanti a sé stessa.
Ovviamente, si parla del nuovo meccanismo del così detto “fondo salva stati”, quel famigerato Mes contro il quale Fratelli d’Italia – ma anche la Lega e in parte pure Forza Italia – hanno puntato il dito fino a solo qualche mese addietro. L’eventuale “foglia di fico” – una diversa sentenza della corte di Karlsruhe, la più alta istanza giuridica tedesca, che avesse affossato il Mes con una cannonata da oltralpe – è caduta e marcita prima di poterla utilizzare e, per tanto, ora il governo italiano deve scegliere: dimostrare d’essere coerente con quanto andava dicendo in campagna elettorale per conquistare i voti; oppure spendere questi ultimi per acquistare, al prezzo della solita contraddittorietà della politica nostrana, quella “rispettabilità” nel “salotto buono” della Ursula von Der Layen che tanto sembra interessare a tutti quelli che siedono a Palazzo Chigi.
Il PD gongola
L’ex-ministro del Pd, Vincenzo Amendola, ha ben fotografato la situazione, in un’intervista col “Foglio”: a fin di bene – ovviamente è sempre “a fin di bene” – la Meloni dovrebbe fare una “giravolta”. Appunto, però, si tratterebbe di una “giravolta” o, più correttamente, di un “voltafaccia”. E qui, allora, si apre una questione al contempo di etica e di sostanza politica di non poco momento. Se, infatti, si ammettesse che detto “voltafaccia” fosse realmente per il “bene dell’Italia”, non si potrebbe che desumerne che i partiti ora al governo, per conquistare il potere, avrebbero fatto leva su argomenti, temi e problematiche capaci di sedurre l’elettorato, sì, ma dannosi per il Paese: non male, per chi si proclama “patriota” a ogni pie’ sospinto.
Il voltafaccia
Oppure, più banalmente, quei partiti, fin quando sono restati all’opposizione, non si sarebbero resi conto della natura dei problemi, salvo, poi, in queste settimane, essere stati folgorati sulla via di Bruxelles da qualche “tecnico avveduto”: l’Italia, dunque, in mano a sprovveduti? Oppure, Fratelli d’Italia, Lega e compagnia governando erano nel giusto, quando additavano il Mes come un pericolo per il Paese, ma, non essendo esattamente così “autonomi” nell’agire esecutivo, oggi sarebbero costretti a fare il contrario di quanto promesso: non proprio benissimo, quindi, per chi afferma e ha sempre ripetuto di voler fare sempre e solo l’interesse nazionale.
Scontro sulla ratifica
Di certo, la soluzione che qualcuno ventila in queste ore, anzi, le due soluzioni, non testimoniano sicuramente a favore della coerenza politica della Meloni, di Giancarlo Giorgetti e altri. Ratificare il Mes, assicurando di non farvi mai ricorso, è una colossale presa per i fondelli: se è buono, lo si ratifica; altrimenti, lo si boccia punto e basta. Lasciare la decisione al Parlamento – come se i deputati, specialmente quelli della maggioranza, fossero veramente così indipendenti dai diktat dei leader che, guarda caso, sono anche presidente e vicepresidenti del governo – è scelta pilatesca, un’altra presa in giro che non convincerebbe nessuno.
Il primo grande nodo
Piaccia o meno, il primo, grande nodo è venuto al pettine subito e ora l’Italia deve dimostrare se – come per esempio è accaduto più volte in Ungheria o in Polonia – la volontà di Bruxelles è sempre e comunque padrona a Roma, oppure se il nuovo governo rappresenta veramente una “discontinuità” col passato, dimostrandosi capace di scelte difficili e anche conflittuali. In quest’ultimo caso, la Meloni dimostrerebbe finalmente che una svolta a destra della politica Italiana di senso ne ha, anche magari non soddisfa tutta l’opinione pubblica di quel settore in tutte le materie; nel primo, sarebbe solo l’ennesima dimostrazione che la faccia, ai politici italiani, serve appunto solo a quello: a voltarla – e di continuo – verso la direzione in cui conviene. Ma non al Paese conviene, ma ai politici.