Riccardo Faggin e l’aumento dei suicidi tra i giovani – Secondo i dati Istat sono circa quattromila i suicidi in Italia ogni anno: il 5% riguarda giovani sotto i 24 anni. Una condizione che, per di più, è degenerata durante il periodo della pandemia. Secondo i dati del Bambino Gesù negli ultimi due anni i tentativi di suicidio tra i giovani sono aumentati del 75% rispetto al biennio precedente. Dai 369 casi del 2018-2019 ai 649 del 2020-2021, in media praticamente un caso ogni giorno.
I dati del Bambin Gesù
Lo documentano i dati registrati dall’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù. Il suicidio è la seconda causa di morte nei giovani tra i 15 e i 25 anni.
Nell’ultimo decennio, il numero delle consulenze neuropsichiatriche al pronto soccorso del Dipartimento di Emergenza, Accettazione e Pediatria Generale del Bambino Gesù è aumentato di 11 volte, passando da 155 casi a 1.824. La depressione e i disturbi d’ansia tra i giovanissimi sono in aumento esponenziale da anni. La pandemia ha solo accentuato il fenomeno. Un malessere non sempre evidente che trova le sue cause principali nel fallimento negli studi (se reale o immaginato è tutto da vedere) e nel diventare oggetto di vessazione da parte dei coetanei (bullismo, cyberbullismo, revenge porn sono termini ormai sulla bocca di tutti). Situazioni che, seppur diverse, hanno lo stesso filo conduttore che poi porta a compiere il gesto estremo: un’eccessiva pressione sociale che, se associata alla sensazione di sconfitta individuale, può trasformarsi nell’innesco per gli istinti suicidari.
Lo sfogo della madre di Riccardo
E a proposito di fallimento scolastico come causa del fenomeno suicidario, quanto successo a Riccardo Faggin, ricorda, purtroppo altre tragedie di giovani vite che, come lui, sono rimaste vittime delle loro bugie.
Bugie dettate dalla paura. Quella paura di deludere chi ha investito tutto su di te e sul tuo futuro
Quella paura che, alla fine, degenera in un senso di fallimento che ti fa vivere tra ansie, angosce, che ti impediscono di vedere un filo di luce in quel maledetto tunnel che sembra non avere mai fine.
“Gli chiedevamo notizie sugli esami che stava facendo, gli dicevamo di fare in fretta. Sono cose che tutti i genitori dicono, ci sembrava la normalità. E invece ora proviamo un gran senso di colpa per non aver capito nostro figlio”. A parlare in un’intervista è Luisa Cesaron, 54 anni, madre del ventiseienne Riccardo Faggin morto in un incidente stradale alla vigilia della laurea. A casa era tutto pronto: la festa e il regalo da consegnare dopo la discussione della sua tesi, ma per Riccardo non era prevista alcuna seduta.
Al dolore della morte del figlio se n’è aggiunto un altro, quello delle bugie che il giovane aveva raccontato alla famiglia sul suo percorso di studi. Il ragazzo aveva detto di aver raggiunto la fine del suo percorso di studi ma aveva passato solo una manciata di esami.
“Lo vedevamo un po’ fermo – ha raccontato la donna -. Lo riprendevamo perché si muovesse con questa benedetta laurea e forse lo abbiamo aggredito troppo. Ai più giovani vorremmo dire di confrontarsi con i genitori se ci sono problemi. Tirate fuori ciò che avete dentro, altrimenti si creano muri impossibili da scavalcare”.
La donna ha voluto poi lanciare un appello anche alle famiglie. “Se i vostri figli raccontano qualche bugia, provate a comprenderli. Cercate di captare i segnali di disagio anche nelle piccole cose. A noi sembrava che Riccardo avesse solo qualche giornata strana. Invece, aveva indosso una maschera e noi non ce ne siamo mai resi conto”.
Una tragedia umana e familiare che riapre una piaga sociale di cui, nonostante i dati allarmanti, si parla ancora troppo poco. Come la mattanza di giovani e giovanissimi che si tolgono la vita. Sono 200 i giovani che si suicidano in Italia.
Storie di giovani che non ce l’hanno fatta
Le cause principali sono bullismo e fallimento scolastico.
Come successo nell’ottobre dello scorso anno a L. N un ventinovenne studente di economia che ha deciso di togliersi la vita, dopo avere invitato i genitori per il giorno della discussione della tesi. Discussione che invece non ci sarebbe mai stata, poiché il giovane aveva sostenuto pochi esami.
Oppure quanto successo a Fisciano, nel Campus dell’università di Salerno, dove una ragazza trentenne (Daniela il suo nome) si è lanciata dal quarto piano del parcheggio multipiano.
Lei aveva abbandonato la facoltà di Medicina da qualche anno, per via di una depressione – forse causata dalle difficoltà nel dare gli esami – che le impediva di andare avanti.
I genitori, però, credevano che stesse valutando di riprendere l’università. Invece no: il suo ritorno in quel luogo era per mettere la parola fine laddove era tutto iniziato.
Ma non è la sola tragedia avvenuta a Fisciano
Si sono verificati ben quattro suicidi in meno di tre anni tra i suoi iscritti. Prima di Daniela lo stesso destino è toccato a una venticinquenne, anch’essa iscritta a Medicina, morta nel maggio 2019 dopo alcuni giorni di agonia, a causa delle ferite che si era autoinflitta con un coltello da cucina. Mentre nel 2017 due ragazzi ancora più giovani, un diciannovenne e un ventunenne, a distanza di pochi mesi si lanciarono nel vuoto, rispettivamente dalle scale della biblioteca e (di nuovo) dal parcheggio multipiano.
Vicende che fanno riflettere e su cui riflettere come lo sfogo in un post su Facebook pubblicato da una collega di facoltà di Daniela all’indomani della sua morte: “I successi sono bellissimi – si legge in un passaggio – Ma smettetela di pensare che è semplice. Ognuno fa i conti con i suoi ostacoli, con i suoi limiti. Fateci un favore: chiedeteci come stiamo, se vogliamo prendere un caffè; non chiedeteci quand’è l’esame, se siamo preparati…”.