Giappone tra modernità e tradizione – Abbiamo potuto ammirare in questi giorni la tenacia e la compattezza della nazionale nipponica impegnata nei mondiali in Qatar. Tale spirito riesce in parte a controbilanciare le carenze fisiche e tecniche dei giapponesi al cospetto di avversari più quotati.
Occidentalizzazione forzata
È un fenomeno, quello del calcio nel sol levante, in piena crescita, sebbene riguardi solo gli ultimi decenni.
Prodotto anche questo di un di un’occidentalizzazione diffusa, iniziata dopo la fine della Seconda guerra mondiale. L’occidentalizzazione forzata avrebbe dovuto mitigare le ambizioni nazionalistiche ed ogni revanscismo “militaresco” che caratterizza il popolo nipponico.
La stessa industrializzazione post-bellica ha profondamente inciso nella trasformazione della mentalità nipponica. A farne le spese, tuttavia, è stato il corredo culturale e tradizionale di cui si era permeata nei millenni la Terra dei Samurai.
Yukio Mishima
Emblematico, a tale riguardo, fu il suicidio rituale di Yukio Mishima nel 1970, suggello di un ciclo eroico che ormai volgeva alla fine. E segnatamente, l’avvertire nelle proprie carni e nel proprio spirito i riverberi di una decadenza così avviluppante, esacerbata dalla consapevole impossibilità di ristabilire l’ordine perduto, comporta in sé la sola strada che conduce al gesto estremo.
In analogia, affiora la volontà indomita di un Hiiro Onada che conserva il senso dell’onore, a sublimare gli antichi insegnamenti del Bushido. Dopo trenta anni, trovato ancora trincerato su un’isola, del Pacifico, mentre Tokio già pullulava di grattacieli, di ritmo sfrenato e di smog.
Ora, occorre capire se la modernità capitalistica abbia fatto tabula rasa di tale forma mentis, o se la stessa sopravviva in altre forme, per quanto sottotraccia, nei gangli della società giapponese ipertecnologica.
Tanti indizi riconducono a date abitudini che in un popolo il più delle volte rimangono sedimentate e intangibili.
Un po’ come nel nostro martoriato Occidente dove molte usanze cristiane ancora resistono in un tessuto civile pur profondamente secolarizzato.
La tradizione insegnata ai più giovani
I giapponesi educano i figli fin da piccoli alle asprezze della vita e li obbligano a percorrere chilometri a piedi il tragitto che li veicola da casa a scuola. Nelle fabbriche lavorano con rara dedizione e spirito “zen” di abnegazione.
Portano a compimento i loro turni produttivi senza trasparire insofferenza per gli orari straordinari.
Fa oggi un certo effetto vederli così premurosi a ripulire gli spalti degli stadi qatarioti dopo aver animosamente supportato la propria rappresentativa.
Chi non ricorda, inoltre, i “manga” che hanno accompagnato la nostra fanciullezza? Tra un raggio protonico e un’alabarda spaziale ricorrono sovente i motivi propri di una visione eroica e guerriera, di una sempiterna lotta tra bene e male, di un radicato senso dell’onore.
Se, quindi, c’è da fare i conti con un Giappone incline ai cambiamenti, il controcanto di un retaggio mai del tutto abbandonato cova come fuoco sotto la cenere: sempre però suscettibile a riaccendersi, per risplendere fiammante alla stregua dell’emblema vermiglio della propria bandiera.