Anche Draghi e la Meloni inquisiti per neonazismo? – La Digos e la Procura di Napoli avrebbero scoperchiato un pericolosissimo “pentolone neonazista”, dentro al quale sarebbero state trovate le tracce di una cospirazione “in fieri”.
Ordine di Hagal
Cospirazione che sarebbe, ai sensi dell’articolo 270 bis del C.p “finalizzata al compimento di atti eversivi violenti, istigazione a delinquere, apologia e negazionismo, con finalità di terrorismo e di eversione dell’ordine democratico, diretta e idonea a sovvertire violentemente gli ordinamenti economici e sociali nonché quello politico e giuridico dello Stato, avente carattere e finalità neonazista, suprematista e di discriminazione razziale, etnica, e religiosa”.
La sigla di questa inquietante associazione è “Ordine di Hagal”.
Fortunata indagine
La “fortunata” indagine della Digos partenopea sarebbe stata avviata nel 2019 e ha portato nelle ultime ore a una trentina di perquisizioni che hanno fatto seguito ad altrettante – eseguite nel maggio e nell’ottobre del 2021 -, in cui vennero rinvenuti elementi a suffragio della tesi accusatoria. In realtà, a quanto è dato sapere a tutt’oggi, l’unico “estremo pericolo” messo in opera dagli accusati – dei quali quattro tratti in arresto – sarebbe costituito dai soliti “post” e “messaggi” diffusi e scambiati su vari social-network dal contenuto roboante e cretino. Materialmente, a quanto stato diffuso dalla stessa Polizia, sono stati sequestrati solo “materiale di propaganda, proiettili, armi soft air, abbigliamento tattico e ulteriori importanti elementi indiziari che hanno suffragato la tesi investigativa”.
Solo “fuffa”?
Fin qui, per l’esperto cronista si tratterebbe di “fuffa” o poco più, della solita, strombazzata indagine destinata a qualche “rampogna” giudiziaria sulla base della “Legge Mancino”, testo normativo che difficilmente si definirebbe “liberale” e di cui tanti chiesero l’abrogazione negli anni passati (anche se tanti dei tanti oggi farebbero di tutto per far dimenticare questa loro passata posizione). C’è, però, un particolare in queste perquisizioni – rivelato dagli investigatori ai colleghi dell’Ansa e da questi prontamente annotato – che merita attenzione. Quegli “ulteriori importanti elementi indiziari” permetterebbero agli inquirenti di ipotizzare niente meno che “contatti diretti e frequenti con formazioni ultranazionaliste ucraine: “Battaglione Azov”, “Pravi Sector”, “Centuria”, verosimilmente in vista di possibili reclutamenti nelle fila dei citati gruppi combattenti”.
Combattere no, inviare armi si?
Ora, se è un reato – e un reato così grave e preoccupante – avere rapporti con le milizie ucraine a fini bellici, questi rapporti – per di più, alla luce del sole, per quanto attenuta, detta “luce”, almeno nelle dimensioni, da un curioso e vergognoso “segreto di Stato” – non sono stati promossi, stretti, rafforzati e continuati dal governo del Paese, prima nella persona di Mario Draghi, ora in quella di Giorgia Meloni?
Vaneggiare su Internet di voler andare a combattere per Kiev è forse più grave del concreto invio di armi e munizioni ai soldati – additati a loro volta per neonazisti anche dagli alleati – che combattono a Kherson o nel Donetsk?
Francamente, qualcosa stona in tutta questa agitazione della Polizia e della Magistratura napoletane. Oppure, non stona affatto, ma, allora, occorrerebbe affrontare diversamente l’intera questione. Se “tifare” per “Azov” o per “Pravi sector”, spingendosi a immaginare di andare a combattere insieme ai miliziani che compongono quei battaglioni, costituisce un pericolo per il nostro “ordine democratico”, come potrai mai essere legittimo riempire quelle formazioni di armi e, anzi, partecipare – è notizia dell’altro ieri – a un migliore e più efficiente e letale addestramento di 15 mila dei loro effettivi?
Articolo 11 della Costituzione
Dunque, Draghi e la Meloni non solo violerebbero l’articolo 11 della Costituzione, ma, nel violarlo, avrebbero anche intrattenuto “contatti diretti e frequenti con formazioni ultranazionaliste ucraine” e col governo che le ha promosse e impiegate sul campo, ben sapendo – l’inchiesta era partita nel 2019, tre anni prima dell’invasione russa!!! – come queste fossero organizzazioni dal nemmeno tanto vago sentore di terrorismo e neonazismo?
Ammettendo che nello Stato italiano un’istituzione – in questo caso, il governo – non sappia ciò che fa un’altra istituzione – la Polizia -, ora che nessuno può più giustificarsi con l’inconsapevolezza della “reputazione giudiziaria” delle milizie ucraine, Roma smetterà di partecipare alle azioni di queste organizzazioni militari?
ONU e “doppiopesismo” all’italiana
Ora che l’Onu – è notizia fresca – ha segnalato anche gli ucraini come violatori dei diritti umani, la nuova premier si risolverà a far uscire l’Italia dalla guerra e dalle sanzioni contro la Russia?
Oppure, la Meloni preferirà rischiare, a sua volta, l’accusa di neonazismo e la conseguente incriminazione?
Sempre che il tutto non si risolva col solito “doppiopesismo” all’italiana: delinquenti per gli sprovveduti e per i cretini, gli ucraini; eroi per i “potenti” e per i “media”, sì da soddisfare tutti gli attori del mainstream: da quelli che hanno bisogno di dare la caccia a qualche “nazista” lungo i vicoli di Marigliano, a quelli che a Washington e Bruxelles hanno necessità di alimentare una tragica e folle guerra.