Resistenza? No grazie! – Che senso ha far risalire alla resistenza il principale fattore di identità dell’Italia post Seconda Guerra Mondiale? Nessuno!
Si tratta solo un’idea peregrina e sciocca di altrettanto peregrini e sciocchi politici che prima di tutto devono far pace con il loro cervello bacato dall’ideologia. Un’ideologia peggiore del peggior fascismo a cui vorrebbe opporsi, che ben più a lungo del fascismo ha imperversato sulle nostre menti e che adesso, trasformata, continua nella satanica volontà di cambiare la natura umana (cosa che il fascismo non si è neanche sognato di fare).
La repubblica fondata nel 1946
Dal 1946 l’Italia è una Repubblica democratica con tanto di costituzione per cui, volendo limitare al massimo la nostra identità (cioé cassando circa duemila e più anni di storia), i fattori identitari allora sanciti sono la repubblica, la democrazia e la costituzione. Stop. La resistenza c’entra come i cavoli a merenda per un motivo molto semplice: non può che essere un elemento di pericolosa divisione, per come era caratterizzata e divisa sul concetto di libertà che perseguiva. Il tipo di resistenza che è stata opposta al fascismo andava dal patriottismo di «Giustizia e libertà» (che facevano riferimento al Partito d’Azione), alle brigate Osoppo di matrice cattolica, alle Brigate Garibaldi il cui braccio più insidioso e strumentalmente feroce erano i GAP, gli orchetti del PCI italiano il quale rispondeva agli ordini dell’Unione Sovietica che voleva inserire l’Italia nell’orbita dei paesi comunisti. Sarebbe disumano far riferimento ai gappisti assassini che, in ottemperanza agli ordini del PCI di Udine, in quel di Porzus, sterminarono selvaggiamente una sezione di partigiani appartenenti alle brigate Osoppo. E che dire delle sanguinarie rappresaglie che sono durate fino al 1946 perpetrate dai partigiani comunisti nel cosiddetto «triangolo rosso» e i cui responsabili sono tutti stati esfiltrati nei paesi dell’Est europeo a cura del Partito Comunista Italiano in attesa che quei fatti sanguinosi passassero nel dimenticatoio.
L’eredità della resistenza
Vogliamo veramente appendere la nostra identità a quell’obbrobrio da «macelleria messicana» che è stato Piazzale Loreto? Macello che qualcuno sogna di rifare nei confronti di chi, a torto o a ragione, viene identificato come fascista. Sarebbe ora di avviare una indagine storica seria su quest’argomento ed evidenziare le nefandezze compiute dalla resistenza rossa e le menzogne propalate.
Nefandezze
Nefandezze e menzogne frutto di quell’odio immortale che caratterizza i traditori i quali, a 77 anni dalla caduta del fascismo, hanno la spudoratezza di proporre come inno quella sciocca e marpionesca canzoncina intitolata «Bella ciao». Consigliamo la lettura di un articolo attendibile quanto interessante dal titolo «Rosso resistenza, rosso sangue» di Ruggiero Capone pubblicato sulla rivista «La Destra» nel settembre del 2005. Leggerlo si apre un mondo: un tempo i vecchi contadini sentendo parlare di partigiani e resistenza si alteravano. Eppure non erano fascisti, erano solo contadini cattolici vittime delle predatorie azioni dei GAP, che anticipavano quella che, negli anni ’70 del ventesimo secolo, sarà la «spesa proletaria» della peggior contestazione comunista e libertaria.
Corrado Corradi