Le fiabe dei fratelli Grimm
Perché le fiabe continuano a essere amate e raccontate, pure in tempi, quali i nostri, di triste disincanto, di disprezzo illuminista e politically correct per i simboli archetipali trasmessi nella cultura popolare, di sciagurata e falsificante confusione tra Bene e Male, Bello e Brutto?
Molte risposte le possiamo rinvenire nel bel libro Il risveglio di Rosaspina. Una prospettiva sulle fiabe dei Grimm, Marcianum Press. L’autore è Giuseppe Reguzzoni, docente, germanista, traduttore e saggista, non alieno da incursioni nella politica, come dimostra un suo intrigante testo del 2015: Il liberalismo illiberale. Come il politicamente corretto è divenuto la nuova religione civile delle società liberali, edito da Antaios.
I fratelli Grimm
I meriti e il lascito dei fratelli Grimm, Jacob e Wilhelm, non solo nei confronti della cultura tedesca, ma anche di quella europea, non sono sempre stati riconosciuti dai chierici e dagli intellettuali che dominano, con una feroce egemonia culturale che non è solo italiana, la “narrazione delle narrazioni”. Filologi, linguisti, iniziatori del più grande vocabolario della lingua tedesca, il Deutsche Wörterbuch, studiosi dell’indoeuropeo (rectius indogermanico), i fratelli Grimm sono noti presso il grande pubblico come “cacciatori di fiabe”, raccoglitori di un patrimonio culturale tedesco ma anche europeo, francese e italiano in primis, basti ricordare Charles Perrault e Lo cunto de li cunti del napoletano Giambattista Basile.
Cresciuti in una Germania sconfitta, umiliata, saccheggiata, occupata e oppressa dalla soldataglia napoleonica e dalle leggi laiciste imposte delle baionette francesi, i Grimm sono tra i protagonisti della ricostruzione di una cultura tedesca liberata delle gelide catene del razionalismo illuminista. Sotto la guida di Carl von Savigny, accademico coltissimo e amante del medioevo germanico, riscoprono il mondo delle saghe, delle leggende, delle opere dei Minnesänger, leggono Herder, Goethe, Schiller. Su impulso anche di Clemens Brentano, altro grande studioso delle fiabe, ma anche delle tradizioni, degli usi, dei costumi, persino delle ricette tedesche soprattutto della regione renana, nel 1806 i Grimm iniziarono a raccogliere, selezionare, ritrascrivere in Hochdeutsche (l’alto tedesco libero da dialettalismi), anche dalla viva voce dei concittadini, le fiabe tradizionali. Questa raccolta proseguì per decenni, con diverse edizioni, arricchimenti e rivisitazioni successive.
Lo spirito germanico
L’attività dei Grimm non è solo letteraria: come dimostra anche l’avvio del grande vocabolario della lingua tedesca e le loro altre opere, l’intento è anche quello, tipicamente metapolitico, di contribuire alla riscoperta e alla ricostruzione, partendo dalla profondità dell’anima tradizionale e popolare, di un’identità culturale tedesca, di uno “spirito germanico” che superasse la frammentazione in decine di entità statuali in cui era suddivisa la Germania. In questo senso i fratelli Grimm contribuirono, da un punto di vista culturale, a quel processo di riunificazione politica che poi si sviluppò sotto l’egida della Prussia. Inoltre, e qui lasciamo la parola a Reguzzoni: “Il lavoro dei Grimm, studiosi dall’animo tutt’altro che rivoluzionario, fu uno schiaffo al riduzionismo razionalistico illuminista e contribuì a riavviare forme di pensiero simbolico e di valorizzazione del simbolo come strumento di conoscenza della realtà”.
La degermanizzazione dei liberatori
Che le fiabe dei fratelli Grimm rappresentassero una delle radici profonde dell’animo tedesco, ma, come abbiamo accennato, anche europeo, fu ben chiaro ai “liberatori” della Germania nel 1945, che con feroce zelo si diedero ad una minuziosa opera di “denazificazione”, ma in realtà di vera e propria “degermanizzazione”, della cultura tedesca: decine di intellettuali incarcerati, come Ernst von Salomon, la cui moglie venne anche lei incarcerata e violentata dalla soldataglia USA, e come Carl Schmitt a cui, come a molti altri accademici, venne sequestrata e distrutta, per pura barbarie, la biblioteca di decine di migliaia di volumi.
Monumenti e opere monumentali rase al suolo, sculture, come quelle del grande Arno Brecker, accusato di essere “artista di regime”, confiscate e distrutte (vennero confiscate anche la sua casa e le sue proprietà e dovette affrontare un processo). Ai cittadini tedeschi fu proibito di possedere opere di uno dei più grandi scultori del secolo. Ma riguardo ai fratelli Grimm, lasciamo ancora la parola a Giuseppe Reguzzoni: “Alla fine della seconda guerra mondiale, anche le Fiabe dei Grimm finirono nel tritacarne della “Umerziehung”, il programma di “rieducazione” dall’ideologia nazionalsocialista applicato nelle scuole e nelle università della Germania occidentale. Le Fiabe tra il 1946 e i primi anni Cinquanta furono oggetto di censura da parte delle potenze alleate nei programmi scolastici e nelle attività editoriali, tanto nelle tre zone di occupazione occidentale che in quella sovietica.”
Le fiabe accusate di violenza
La pedagogia moderna, intrisa di ipocrisia buonista, ha spesso messo sotto accusa le fiabe, non solo quelle raccolte dai Grimm, accusandole di rappresentare violenze e brutalità (ma, al contempo, propone nei programmi scolastici perversioni omosessualiste e genderiste). Allora, le fiabe dei Grimm, nella loro versione originale, non edulcorata e purgata da episodi di violenza e di sangue, sono adatte ai bambini? Reguzzoni ci ricorda che i fratelli Grimm non hanno dubbi su questo: nel titolo originale si parla di “Fiabe per bambini e per la casa/focolare”; in una lettera Jacob Grimm scrive: “Le fiabe per bambini sono mai state concepite e inventate per bambini? Io non lo credo affatto e non sottoscrivo il principio generale che si debba creare qualcosa di specifico appositamente per loro.”
Titola Reguzzoni il capitoletto dedicato a questo argomento: “Senza il male (e una certa brutalità), niente fiaba: contro il politicamente corretto”. E prosegue: “Il male è presente in tutte le Fiabe, in moltissime persino in una forma particolarmente cruda e violenta. Anzi, si può certamente rilevare che senza il confronto col male, anche nelle sue forme più brutali, la fiaba non esisterebbe.”
Il bene e il male nelle fiabe
Nella visione dei Grimm, profondamente cristiani anche se fedeli della chiesa riformata calvinista, la presenza della violenza, anche la più cruda ed esplicita, ha un valore educativo, morale. Nella prefazione del primo volume delle Fiabe vengono messi ben in luce gli aspetti etici della narrazione fiabesca: la contrapposizione tra il bene e il male, tra il bello e il brutto, la punizione del male e la premiazione del bene.
Infatti le fiabe raccolte dai Grimm sono intrise di spirito religioso: certamente cristiano anche se vi si possono rinvenire antiche tracce pagane. Puntualizza l’Autore: “Nell’intreccio che le caratterizza la maggior parte delle fiabe esprimono un profondo desiderio di liberazione dal male, e proprio in questo si esprime tutta la vicinanza della fiaba alla sensibilità propriamente religiosa.” E ancora: “Il mondo delle Fiabe testimonia una visione popolare del mondo come ancora “incantato”, pervaso di un percettibile mistero, dove Dio non è mai assente dalla vita dell’uomo e dove la dimensione religiosa si mescola, con spontanea ingenuità, a quella magico simbolica.” E non mancano i molteplici richiami biblici in molte delle fiabe.
L’analisi delle fiabe
Proseguendo nella lettura del libro, troviamo un’attenta disamina di Reguzzoni dei protagonisti dei racconti fiabeschi: le varie figure come quelle “di metamorfosi”, quelle “del male” come la strega, e poi altre creature come nani, gnomi, draghi. Il libro include anche un’intrigante analisi di alcune delle fiabe; sotto il titolo Proposta di alcuni itinerari analisi e simboli troviamo anche una delle più note fiabe tra quelle raccolte dai Grimm: Rosaspina, in origine presente tra quelle di Perrault con il più conosciuto titolo di La bella addormentata nel bosco (La belle au bois dormant). Quella stessa fiaba che ha recentemente generato la stolida indignazione del cretinismo femminista per via del bacio finale del principe che risveglia l’eroina, giudicato dalla stoltezza di queste “nuove streghe”, come esse stesse rivendicano di essere, “una violenza sessuale”.
Da notare, e apprezzare, il rigore accademico che caratterizza non solo il testo, ma anche le note, la bibliografia, l’indice dei nomi (strumento utilissimo ma sempre più ignorato e trascurato dagli autori ed editori odierni, anche di testi “alti”). Tuttavia, questa rigorosa cornice accademica nulla toglie alla leggibilità e godibilità del testo: ricco, piacevole e scorrevole.
La postfazione di Paolo Gulisano
Un’ultima annotazione: ci pare particolarmente felice l’idea di affidare la postfazione a Paolo Gulisano, medico scrittore, romanziere, saggista, autore di diversi testi su J.R.R. Tolkien ed esperto di letteratura fantastica. E, poiché tout se tient, uno dei maggiori conoscitori di G.K. Chesterton. Ed è proprio con le parole di Gulisano che possiamo concludere: “Le Fiabe dei fratelli Grimm, raccolte in un momento in cui la cultura europea entrava nella fase più acuta del processo di secolarizzazione e di disincantamento […] sono in realtà una splendida testimonianza di ciò che alberga nell’animo umano: una profonda nostalgia di Bene, di Buono, di Vero.”
Antonio de Felip
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