Computer e intelligenza
Il Blackout informatico dei giorni scorsi ha messo in evidenza la fragilità di un mondo dipendente dall’informatica.
Un malfunzionamento dei computer blocca il pianeta. Il loro perfetto funzionamento blocca i cervelli.
L’incapacità di moltissime persone, non necessariamente nativi digitali, di costruire ragionamenti su base logica e non emozionale è un problema direttamente proporzionale all’uso del mezzo digitale.
Il pc non ragiona al posto mio, ma è in grado di darmi informazioni infinite e se non ho appreso la capacità critica di elaborarle, sarà molto complesso costruire, su quelle informazioni, costrutti logici ed intelligenti.
L’intelligenza non si accresce, non si insegna, ma si allena.
Esattamente come la muscolatura la cui possenza può essere sviluppata solo secondo la biologia di ognuno, ma può anche rimanere atrofizzata nella immobilità, così l’intelligenza può o non può essere incrementata in tutto il suo potenziale.
L’uomo colto del Medioevo conosceva interi libri a memoria; ora la capacità mnemonica è quasi persa.
La facilità con cui reperisco gli strumenti per scrivere, l’invenzione del registratore ed ora il pc rendono quasi inutile lo sforzo mnemonico, ma la capacità di ricordare, seppure non intelligenza di per sé, è comunque una delle funzioni della intelligenza, funzione rilevante del cervello; se non ho bisogno di fare semplici calcoli, anche questa capacità si spegne.
I nuovi traduttori istantanei renderanno a breve totalmente inutile quell’allenamento meraviglioso che si chiama apprendimento delle lingue straniere e che coinvolge così potentemente vaste aree cerebrali da esser considerato un antidoto contro l’Alzheimer.
AI intelligenza artificiale
L’intelligenza artificiale già si occupa dei compiti a casa degli studenti e già tenta di risolvere, secondo una logica priva di intuizione (e dunque fallace in molto campi), tanti e complessi problemi.
L’uso del Pc ha quasi devastato la capacità di lettura o quantomeno di letture complesse; se sono allenato a capire messaggi di tre righe, come mi orienterò su una pagina in un italiano articolato e ricco?
Perso il contatto con la terra, quello con gli animali, quello col cielo (chi naviga più con le stelle? Chi coltiva più con la luna?), finita l’epoca della memoria, del calcolo a mente e, a breve, quello dello studio delle lingue, si affaccia la terrificante possibilità di un nuovo tipo umano, una triste, fiacca proiezione del suo computer, un uomo che non capirà un testo più difficile di uno scambio di saluti, un uomo non allenato a fare una sola addizione, un uomo incapace di articolare una frase in una lingua non sua: previsioni pessimistiche?
Effetto social?
La maggior parte degli utenti dei social – l’80% – non è in grado di capire un messaggio più lungo di dieci righe espresso in un italiano efficace, ma non banale; il 71% degli italiani non è in grado di capire un testo mediamente difficile.
La didattica antica potrebbe essere una soluzione? Scrittura a mano, utilizzo della memoria, lettura di testi complessi, studio di lingue altrettanto complesse, traduzioni.
In Svezia si sono accorti che col tablet si impara molto meno che con il libro stampato e che chi scrive è molto più bravo di chi digita sulla tastiera di un pc; in Italia non sarebbe male ci accorgessimo che la semplificazione estrema degli argomenti di studio ha paralizzato i cervelli i quali, come i muscoli, se vogliono crescere, devono faticare.
Una scuola dove non si fatica è inutile, spesso pericolosa.
di Irma Trombetta
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