PREMIERATO: RIFORMA INUTILE E PERICOLOSA
Nella tradizione della Destra italiana, il tema delle riforme costituzionali è presente, con una certa energia e con una certa enfasi, dagli anni ‘80, quando lo slogan “Nuova Repubblica”, adottato da Giorgio Almirante su suggerimento dell’ingiustamente dimenticato deputato vicentino Franco Franchi, divenne uno dei leitmotiv del Msi-Dn.
Il tema divenne centrale, dopo la nascita di Alleanza nazionale, nel ragionamento politico di Pinuccio Tatarella, il quale determinò, a causa della convergenza con Massimo D’Alema nella “Bicamerale”, la prima, gravissima frattura con Silvio Berlusconi.
I due distinti progetti – quello missino e quello di An -, articolati, nel merito e tatticamente, su proposte differenti e simili, al contempo, perseguivano strategicamente lo stesso obbiettivo: modificare in qualche sua parte sostanziale la dimensione giuridica e istituzionale dello Stato, col contributo paritetico delle forze più rappresentative dell’elettorato e della società italiana, al fine di stringere un nuovo “patto costituzionale” che superasse quello sottoscritto dagli italiani nel 1948.
Legittimazione
La meta da raggiungere, sia per Giorgio Almirante sia per il leader di An, non era costituita da questa o da quella specifica innovazione dell’architettura della Repubblica, ma, più ambiziosamente, una nuova dimensione della politica, che superasse le delegittimazioni e gli ingessamenti della “Prima repubblica” e che colmasse i baratri scavati dal Novecento.
Ecco, allora, come il giudizio sul “premierato” – al di là degli aspetti tecnici, apparsi fin da subito problematici e sotto vari profili giuridici -, la proposta portata avanti da Giorgia Meloni, non possa che essere negativo, dal momento che non risolve la questione di fondo: la legittimazione reciproca, definitiva e incontestabile delle rappresentanze politiche del Paese che si riconoscono e operano nella legge.
L’Italia del premierato, ammesso e non concesso che riesca a nascere, sarebbe la stessa, identica Italia di prima, con una fazione che si arroga il diritto di incarnare i “veri e autentici valori costituzionali”, opponendosi e denunciando come “usurpatore” della Democrazia gli avversari del momento.
Magari, qualora Fratelli d’Italia riuscisse nell’impresa, usando e abusando, la Sinistra, di quegli stessi, maggiori poteri che il nuovo assetto concederebbe all’esecutivo, nella lotta politica contingente.
Mai come in questa materia, la “terza via” è solo la strada più diretta per l’inferno politico e istituzionale.
Assemblea Costituente
Se non è possibile stringere patti parlamentari tra forze che rappresentano la maggioranza qualificata del Paese; l’unica alternativa è la convocazione di un’apposita Assemblea costituente, legittimata, in forza della stessa Costituzione che è chiamata a riformare, a mettere mano sugli assetti valoriali, politici, sociali, economici e dell’ordinamento repubblicano.
Assemblea che, dal giorno successivo del suo insediamento, abbia autonomia e libertà complete, rispetto alle contingenze dell’esecutivo e agli interessi egoistici dei partiti. Un’Assemblea nazionale le cui decisioni, anche assunte a maggioranza, divengano esecutive e insindacabili in forza, in primis, della qualità dei suoi eletti, e, ovviamente, del successivo voto del popolo italiano.
Di contro, il “premierato” e quant’altro sarà varato dagli attuali Camera dei deputati e Senato della Repubblica non potrà che essere vissuto – e propagandato – come il tentativo di una parte di condizionare tutto il sistema dei poteri pubblici, denunciandolo come un attentato alle libertà e all’ordinata gestione della cosa pubblica.
Come già accaduto con Matteo Renzi, il voto referendario sulla proposta sponsorizzata da Giorgia Meloni rischia inevitabilmente di trasformarsi in una sorta di “braccio di ferro” individualistico e personalistico tra la presidente del Consiglio e il resto delle forze politiche e istituzionali, fatalmente destinato a fallire.
Amici nemici
Per di più, col rischio concreto che, a farlo naufragare, siano “forze amiche”.
Infatti, alla prevedibile e generale mobilitazione di tutte le forze dell’opposizione, facilmente si unirà, se non l’ostilità, il disimpegno di quelle certamente poco disposte a favorire quella che si trasformerebbe in una sorta di “Opa” sull’intero Centrodestra.
La sproporzione evidente – in termini di consensi elettorali – tra Fratelli d’Italia e i suoi due principali alleati, Forza Italia e Lega, sono l’ostacolo insuperabile, anche per la Meloni, contro il quale è destinato a infrangersi il progetto del “premierato”.
E’ facile profezia: sarà proprio la mancanza del necessario equilibrio che dovrebbe accompagnare ogni stagione di successo politico – o, in altri, più prosaici termini: l’ubriacatura del potere – a tradire le ambizioni più sfrenate di una maggioranza che, di contro, avrebbe ancor oggi la forza e la possibilità di aprire, a favore dell’intera Nazione e con una solidissima consistenza numerica, una stagione costituente che imponga a tutti i partiti politici una riflessione sull’adeguatezza – e sulle conseguenti e necessarie riforme – delle strutture, delle funzioni e dei bilanciamenti dei poteri pubblici.
Una stagione che archivi, una volta per tutte, l’interpretazione partitocratica e antifascista che, all’alba degli anni ‘70, fu surrettiziamente imposta e affermata dell’attuale Costituzione del 1948.
Una stagione che sancisca la fine, per sempre, della pretesa superiorità morale, politica e costituzionale delle forze che si professano (uniche) eredi legittime della Carta tutt’ora in vigore.
Massimilano Mazzanti
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