7 febbraio – Giornata Mondiale contro il bullismo – Il 7 febbraio 2017 è stata istituita la Giornata Mondiale contro il Bullismo e il Cyberbullismo.
Ma a quanto è servito istituire questa giornata? Quanto si è riusciti a combattere queste piaghe umane e sociali che colpiscono soprattutto i giovani e i giovanissimi?
Qualche dato
Secondo lo studio della ONG Internazionale Bullismo Senza Frontiere per America, Europa, Asia, Oceania e Africa; condotti tra gennaio 2021 e febbraio 2022, continuano ad aumentare i casi di bullismo in Italia, dove 7 bambini su 10 subiscono ogni giorno una qualche forma di bullismo e cyberbullismo.
La prima statistica mondiale dei casi di bullismo, sviluppata in collaborazione dai 50.000 collaboratori dell’ONG Internazionale Bullismo Senza Frontiere, colloca l’Italia tra uno dei paesi con il maggior numero di casi di bullismo al mondo, con un totale di 19.800 casi.
Negli ultimi cinque anni l’Italia ha avuto una crescita delle molestie o del bullismo o cyberbullismo.
Le percentuali marcate implicano il numero di bambini e adolescenti vittime di bullismo tra gli studenti delle scuole primarie e secondarie.
Casi che hanno lasciato particolarmente il segno per la crudeltà manifestata dai giovanissimi contro i loro coetanei, non avendo il minimo senso di umanità neppure per lo stato di disabilità in cui versava la vittima.
Il caso Ruffino
Come è successo a Michele Ruffino, suicida a 17 anni per bullismo.
Lo chiamavano ‘handicappato’ e in palestra, nell’ora di educazione fisica, gli sputavano addosso.
Questo perché Michele, sin da quando era molto piccolo, soffriva di ipotonia agli arti superiori e inferiori. Non era una fatalità, ma la conseguenza della somministrazione di un vaccino scaduto. Col passare del tempo Michele è riuscito a camminare senza cadere anche se con difficoltà. Non era guarito, aveva solo imparato a convivere con quella condizione.
Un ragazzo ricco di vita e curioso, aveva anche aperto un canale Youtube per comunicare con i suoi coetanei. Coetenei che, anziché ammirare la sua forza e sostenerlo, lo ricoprivano di insulti, non solo legati al suo stato di salute ma anche di stampo omofobo e che degeneravano addirittura nell’ istigazione al suicidio. “Sei gay”, “devi solo morire”, “non puoi dare niente alla società”.
Abbandonato dagli amici
Una situazione che per il ragazzo, nonostante l’affetto e il sostegno della famiglia, era diventata insostenibile al punto che, il 23 febbraio 2018, Michele decise di porvi fine lanciandosi nel vuoto dal ponte Alpignano. Una lettera però lo avrebbe potuto salvare.
Il giovane, prima di compiere il gesto estremo, aveva lasciato un messaggio ai suoi coetanei che, però, non avvertirono nessuno, mettendosi in seguito d’accordo sul non dire niente a riguardo “Quella lettera non deve esistere, ok? Se no è omissione di soccorso”
Una disumanità che neppure il funerale di Michele era riuscita a placare.
“Ma questo in foto non è Michele. Lui era storpio. È meglio in foto che da vivo”.
Questa, infatti, la frase ignobile detta da un ragazzo, commentando l’immagine mostrata alla cerimonia
La frase venne ascoltata da un parente che avvertì subito i genitori di questa ulteriore gravissima mancanza di rispetto alla memoria del giovane.
Ma a questo episodio aberrante se ne aggiunse un altro.
I genitori della vittima agirono legalmente ma il magistrato chiese l’archiviazione: “commento infelice, ma era la realtà che tutti conoscevano e che faceva soffrire Michele”. Un messaggio inquietante soprattutto se a trasmetterlo è chi dovrebbe essere al servizio della giustizia.
Agiscono in branco
A proposito di disabili e bullismo da ricordare anche quanto successo nel 2022 a Secondigliano dove una ragazzina disabile di 13 anni è stata insultata e picchiata dal branco per aver messo, secondo i suoi aggressori, un like sui social ad un ragazzo.
Una vicenda questa che mette in evidenza anche un altro aspetto ossia l’esistenza del bullismo in rosa.
La vittima è stata afferrata per i capelli, una ciocca le è stata addirittura strappata, ed è stata scaraventata violentemente sull’asfalto e presa a calci. Soltanto l’arrivo di una residente è riuscito ad evitare il peggio. La donna ha preso con sé la tredicenne e l’ha portata dai suoi genitori.
Un branco di otto adolescenti in gran parte ragazzine contro una coetanea e per di più disabile.
Ma il peggio doveva ancora venire.
La ragazza, dopo i tentativi di chiarimento di sua madre con alcune delle aggreditrici, ha continuato a ricevere messaggi minacciosi ed offensivi. Ma alla fine è arrivata anche la più brutta delle notizie: al pestaggio ha assistito una decina di ragazzi e qualcuno ha ripreso la scena facendo circolare il video su WhatsApp. “Lei ora non vuole nemmeno più andare a scuola, ha paura. Anche io temo per la mia incolumità dopo le denunce. Quel video non riesco neanche a vederlo, mi fa malissimo. Potevano ucciderla.”– ha raccontato il tutore della tredicenne.
“Il fatto che quel like sia stato messo o no, e sembra addirittura di no, conta poco. La violenza oggi è scatenata dai i più futili motivi e viene usata per umiliare i più deboli. Per questo chiediamo che non ci siano più attenuanti e che le vittime e chi denuncia vengano tutelati.”
L’abbandono delle istituzioni
Due vicende agghiaccianti dove le vittime diventano doppiamente vittime e le famiglie si sentono abbandonate e tradite dalle istituzioni. E forse per questo motivo il bullismo e il cyberbullismo continuano a non arrestarsi, spesso degenerando anche in gesti estremi.
Questi fenomeni criminali e il fallimento scolastico sono tra le principali cause di suicidio tra i giovani.
Ma, in realtà, ad aver fallito è solo una società che rispecchia la condotta dello Stato: sordo al grido di aiuto dei più fragili, muto nel denunciare un simile scempio, cieco di fronte a una gioventù tanto social quanto asociale.