20 centrali atomiche per le auto elettriche – Il nostro Paese è tra i primi per numero di auto rapportato alla popolazione, per numerosi fattori.
Una delle fondamentali è la necessità di sopperire agli spostamenti in alcune zone in cui i servizi pubblici risultano totalmente deficitari.
La macchina di famiglia
Tacendo di alcune grandi città, a nulla valgono gli inviti a mettere l’auto in garage (o addirittura a rinunciarvi) e ad utilizzare autobus e treni, gli italiani sono troppo legati al proprio volante.
Questo ovviamente causa la carenza di domanda per il trasporto pubblico, che quindi non ha abbastanza passeggeri per garantire un servizio più continuativo.
Detto questo, è chiaro che l’Italia sia un paese dove l’auto di famiglia sia un bene primario e necessario e che la volontà dell’unione europea di forzare la transizione elettrica vada a minare profondamente le tasche delle famiglie italiane.
Il problema è imporlo, non sceglierlo
Chiariamo subito un punto: l’elettrico, a livello locale, può anche essere una cosa positiva, perché soprattutto nelle città, dove l’inquinamento dovuto alle auto è più concentrato, avere meno emissioni sicuramente giova alla salute e all’ambiente.
Ciò che però non viene mai preso in considerazione dagli ecologisti è che anche l’elettrico ha bisogno di una fonte primaria che, allo stato attuale della nostra evoluzione tecnologica, è ancora rappresentato dai combustibili fossili.
Un paradosso
Secondo una statistica, qualora adottassimo il nucleare, e se tutti gli Italiani attualmente automuniti passassero alla propulsione elettrica, sarebbero necessarie almeno 20 centrali solo per ricaricare tutti i mezzi.
Un dispendio notevole, dunque, che apre la strada alle teorie che vanno dal becero complottismo a ragionamento ben più mirati che svelano verità nemmeno troppo velate.
Forse un giorno i motori a combustione interna andranno in pensione o rimarranno materia per collezionisti e nostalgici; tuttavia, in un momento di grave crisi come questo (e non stiamo parlando solo di questi ultimi anni ma di decenni), imporre il passaggio netto all’elettrico attraverso divieti e tassazioni paralizza l’economia a fronte di un miglioramento ambientale poco apprezzabile.
Chi se ne frega?
Questo considerando anche il fatto che mentre l’occidente “sviluppato” pianifica l’economia a favore della speculazione industriale usando la scusa della sostenibilità, gli stessi industriali producono in Cina e India, che sono paesi non troppo virtuosi dal punto di vista ambientale.
Sembra quasi che, per favorire l’interesse di certe oligarchie capitaliste, i popoli d’Occidente debbano rinunciare all’auto o pagare molto di più una elettrica affinché Pechino e Delhi possano continuare a sputare sporcizia nell’atmosfera per i capitalisti nostrani.
E ciò, basti ascoltare i progressisti riscopertisi ambientalisti appena è scoppiata la Greta-mania, alimenterà solo classismo e paralisi industriali nazionali, a cui solo il nucleare può, in parte, fare fronte.
Lorenzo Gentile