𝗘𝗱𝗶𝘇𝗶𝗼𝗻𝗶 𝗮𝗹𝗹’𝗶𝗻𝘀𝗲𝗴𝗻𝗮 𝗱𝗲𝗹 𝗩𝗲𝗹𝘁𝗿𝗼, 𝗣𝗮𝗿𝗺𝗮 𝟮𝟬𝟮𝟱, 𝗽𝗽. 𝟮𝟬𝟴, € 𝟮𝟱,𝟬𝟬
La proposta di Donald Trump di portare a termine la pulizia etnica nella Striscia di Gaza,
deportando la popolazione autoctona in Egitto e in Giordania, obbedisce all’obiettivo statunitense di acquisire una posizione di forza nel Mediterraneo orientale, in prossimità di importanti bacini gassiferi e del Canale di Suez, al fine di controllare direttamente i flussi energetici verso l’Europa.
Si tratta, infatti, di realizzare una ricomposizione geopolitica e geoeconomica del Vicino Oriente, escludendone le nuove vie della seta cinesi a vantaggio dell’IMEC (India, Middle East, Europe, Economic Corridor), di cui il porto israeliano di Haifa costituisce il terminale sul Mediterraneo.
Il libro
Analizzando questa trama geopolitica, il libro di Pierre-Antoine Plaquevent e Youssef Hindi
(preceduto da un saggio introduttivo di Claudio Mutti sui Miti teopolitici del sionismo) mostra come lo Stato ebraico prosegua la sua evoluzione in una teocrazia regionale suprematista a vocazione messianica.
Tale evoluzione non può essere compresa senza studiare in profondità le radici religiose del progetto sionista millenarista che ispira al regime israeliano le sue scelte strategiche; perciò, gli autori descrivono accuratamente, sulla base di una copiosa documentazione e di qualificati studi accademici, il processo storico attraverso cui l’originario progetto laico del sionismo si è andato trasformando in un disegno di natura millenarista e apocalittica.
Dal punto di vista del sionismo messianico, la realizzazione del Grande Israele richiede la ricostruzione del Tempio di Gerusalemme, distrutto dai Romani nel 70 d.C., nonché la ripresa dei sacrifici di vittime animali all’interno di esso. Ma per realizzare questo obiettivo Israele deve prendere il controllo totale della Spianata delle Moschee e demolire la moschea di al-Aqsa, terzo luogo santo dell’Islam dopo Mecca e Medina.
Il diluvio di al-Aqsa
Ecco perché all’operazione lanciata da Hamas nell’ottobre 2023 è stato dato il nome di “Diluvio di al-Aqsa”: si è trattato di un preciso riferimento alla moschea minacciata di distruzione.
L’ingresso di Trump alla Casa Bianca ha rafforzato il sostegno che proviene ad Israele da parte dei fondamentalismi ebraico ed evangelico, al punto che nel corso della celebrazione della festa ebraica di Hanukkah l’influente scrittore e commentatore politico Mark Reed Levin ha salutato il Presidente Trump come “il primo Presidente ebreo degli Stati Uniti”.
Secondo un funzionario di alto livello della Casa Bianca, infatti, Donald Trump si sarebbe convertito al giudaismo due anni fa nella sinagoga della setta Chabad Lubavitch di New York City.
L’entourage di Trump
D’altronde nell’entourage del Presidente si possono contare numerosi ebrei sionisti: la figlia Ivanka Trump, il genero Jared Kushner, Stephen Miller, David Friedman, Steve Witkoff, Miriam Adelson, Boris Epshteyn, Howard Lutnick, Elizabeth Pipko, Lee Zeldin, Laura Loomer, Sid Rosenberg, Will Scharf, Marc Rowan sono solo quelli enumerati da “The Times of Israel” il 19 novembre 2024.
Da parte sua, l’eminente rabbino Rabbi Yekutiel Fish ha dichiarato: “Quello che Trump sta facendo è ripulire Gaza da tutti gli odiatori di Israele. Non possono stare in Israele dopo la venuta del Messia. (…) La scena è quasi pronta per il Messia. Ma come possono i Palestinesi essere qui quando noi stiamo per accogliere il Messia? Il Messia ha bisogno di qualcuno che si occupi di ciò, e in questo caso è Donald Trump. Trump sta semplicemente svolgendo i compiti finali necessari prima che venga rivelato il Messia” (israel365news, 5 febbraio 2025).
Matteo Pio Impagnatiello
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